Festival di Venezia 2023: l’inaugurazione «femminista» di Liliana Cavani
«Sono la prima donna che riceve il Leone d’Oro alla carriera, trovo che non sia del tutto giusto. Diamo la possibilità alle registe e alle sceneggiatrici di essere viste». È il messaggio più forte che arriva dal Lido
E’ la voce di velluto di una brillantissima Malika Ayane, che canta Il cielo in una stanza di Gino Paoli, ad accendere la cerimonia d’apertura di Venezia 80 nella Sala Grande del Palazzo del Cinema. Poi, la madrina Caterina Murino, di rosso vestita, dà il benvenuto «alle donne e agli uomini di talento che danno un contributo non delegabile agli algoritmi». Come a dire, io sto con gli attori e gli sceneggiatori di Hollywood che stanno scioperando contro l’intelligenza artificiale.
Per fare gli auguri di compleanno alla Mostra, partono le immagini dei red carpet che hanno fatto la storia della kermesse, compreso il bacio tra Tom Cruise e Nicole Kidman nell’edizione del 1999, con tanto di citazione di Orson Welles e di William Friedkin, scomparso un mese fa.
È già tempo di consegnare il Leone d’Oro alla carriera a Liliana Cavani. Il Presidente della Biennale Roberto Cicutto chiama sul palco Charlotte Rampling, austera e bellissima, come le parole che ha preparato per l’occasione: «Io e Liliana siamo state definite dal Portiere di notte del 1974, con il quale lei ha mostrato ciò che è mostruoso. Ha girato la telecamera verso la bestia, per capirla, per riconoscerla quando ritorna». Continua l’attrice: «Dai primi Sessanta Liliana ci costringe a confrontarci con il bello, il brutto e l’irrisolto».
La standing ovation per la regista novantenne è inevitabile. Di bianco vestita, accanto alla sua musa in total black, è come vedere lo yin e lo yang nel Palazzo del Cinema.
Liliana Cavani ringrazia subito Charlotte Rampling «per il testo profondo, intelligente e in qualche modo tenebroso e lucido. Fantastico». Poi si lascia andare ai ricordi: «Quella del Portiere di notte è stata un’esperienza per me, per te e per Dirk (Bogarde, ndr). Alcune scene non c’erano nel copione e sono nate dentro a quello spazio in cui eravamo noi tre e abbiamo approfondito il racconto, il suo significato mentre lo facevamo».
Per tornare al presente: «Il premio mi ha sorpreso, perché pensava di essere una di quelle sarte che lavorano per un giro di clienti affezionati. Ho iniziato facendo i documentari per la Rai sul conflitto più devastante, la Seconda Guerra Mondiale. Ho passato un paio d’anni a guardare le immagini alla moviola. Io che ho studiato Lettere antiche e conoscevo un’altra guerra, quella del Peloponneso, che pareva uno scherzo a confronto. Non potete immaginare quello che ho visto: con il montatore si andava al bar per tirarci su. Questo è solo per dire che la Storia è fondamentale».
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